Andrea CORTICELLI, Storie e anedotti tratti dai racconti di Angiolina Marchesi
Storie e aneddoti tratti dai racconti di Angiolina Marchesi nata il 01/10/1921 e deceduta il 28/08/2014 qui trascritti e riportati dal figlio Andrea nato nel 1955 e dedicati al nipote Andrea Corticelli nato nel 2012 e a al nipote Davide Corticelli, nato nel 2019, perché possano conoscere la storia della bisnonna e parte della storia della loro famiglia.
ALL’INIZIO:
Angiolina nasce il 01/10/1921 a Zola Predosa, in Provincia di Bologna, nel podere tenuto a mezzadria dalla sua famiglia.
Il podere si affaccia lungo il fiume Lavino, in Via del Greto, parallelo all’attuale percorso vita.
I terreni sono della famiglia Garagnani che abita la villa dello Zanchino posta sull’attuale via Garibaldi.
Il papà di Angiolina è Giulio Marchesi arrivato con la sua famiglia a fine ’800 a 16 anni da Pontecchio, che allora non era ancora Pontecchio Marconi, dove era nato nel 1883 fra il fiume Reno e la Porrettana al lato di Palazzo dei Rossi e di fronte alla Villa dei Marconi dove da ragazzo aveva conosciuto il figlio Guglielmo e dove il famoso contadino che sparò il colpo di fucile che sanciva la prima trasmissione radio era di casa.
Nel nuovo podere a Zola Giulio conosce Tabarroni Marianna, sempre di famiglia contadina e si sposano, dalla loro unione nascono 5 figli, Nerina nel 1912. Amedeo nel 1914, Mario nel 1917, poi Angiolina nel 1921 ed infine Amelia nel 1926.
Angiolina è la quarta dei cinque fratelli e da bambina e ragazza vive la triste realtà contadina degli anni 20 e degli anni 30.
Studia fino alla 5° elementare poi deve smettere per andare a lavorare nei campi nonostante la sua grande passione e voglia dimostrata nei classici e nella letteratura.
Passa la sua adolescenza lavorando il podere, in quei tempi la coltivazione maggiore era la canapa che veniva lavorata nei mesi più caldi sotto il sole d’agosto e dentro ai maceri.
Riesce a coltivare comunque la sua grande passione per la lettura leggendo i libri che delle sue amiche e coetanee, le sorelle Finelli figlie del bottegaio di Gesso, le passavano dopo averli comprati e letti.
Della sua adolescenza a parte il lavoro dei campi ricorda le recite nel teatro della chiesa di Gesso con le suore Minime dell’Addolorata, la preparazione e la cura della cappella della villa padronale dei Garagnani dove veniva recitato il Rosario a maggio, le prime uscite da ragazza a ballare ai Gessi od alla Fiera di Pontecchio sempre sotto l’occhio vigile dei due fratelli maggiori, Amedeo e Mario.
La casa dei Marchesi si affaccia lungo il torrente Lavino di fronte a quello che è attualmente il percorso vita.
Quando l’attuale Via Garibaldi non era che una polverosa strada di campagna era prassi per tutti passare attraverso i campi per andare a Gesso, Rivabella, Calderino.
Quindi passare davanti alla casa dei Marchesi era abitudine normale e per tutti vi era sempre un saluto od un buon bicchiere di vino offerta dal padre Giulio.
Davanti a quella casa Angiolina ha visto scorrere parte della storia di Zola dagli anni ’20 agli anni. ’40.
È davanti alla casa dei Marchesi che passarono i fratelli Vignoli il 1° maggio del 1922 per andare all’Osteria di Rivabella dove furono uccisi ed è da lì che ritornarono a passare da morti.
È sempre lì, davanti alla casa dei Marchesi, che alla fine degli anni ’20 Dante Broglia e Nadalini, due dei più influenti fascisti di Zola, prendendo le forbici e lo spago nella casa dei Marchesi, tagliarono il pizzetto al Dott. Cavara, noto antifascista, dando inizio a quella canzoncina in voga a Zola in quel periodo.
- “Con la barba di Cavara noi faremo spazzolini per pulire le scarpette a Dante Broglia e Nadalini”.
Ed è sempre da lì che nel maggio del 1945 passarono quelli che furono uccisi al Buco del Diavolo.
LA GUERRA:
Angiolina si fidanza con Colombo Corticelli, figlio di Alfredo e Casalini Clementina, i Corticelli sono i fabbri di Rivabella e per lei, contadina, entrare in una famiglia a suo vedere benestante è sicuramente un ambito traguardo.
Nella grande casa dei Corticelli, adesso non più esistente, che si trovava di fronte all’osteria di Rivabella, Angiolina aveva la sua camera con mobili nuovi, il suo corredo, e tante belle cose che aveva sempre e soltanto immaginato e sognato, sotto vi era l’Officina da fabbro e di lato la bottega del falegname, zii sempre di suo marito in quanto la moglie del falegname Luigi era sempre una Casalini, sorella della mamma di Colombo.
Colombo Corticelli diventa suo marito nel 1942, fanno un matrimonio di guerra, Colombo presta servizio militare nelle truppe corazzate, pilota di carri armati, ha fatto la campagna di Francia, quella di Grecia e Jugoslavia e mentre è nei Balcani ottiene la licenza matrimoniale.
Al suo ritorno al reggimento viene mandato in Corsica, tutto il resto del suo battaglione, che era stato inquadrato nella 133° BTG Corazzato Littorio, è partito da 10 giorni per la Libia e forse questo matrimonio le salva la vita.
Infatti, circa la metà del convoglio che stava andando in Libia fu affondato dagli inglesi, quelli che si salvarono furono poi completamente decimati nella 1° battaglia di El Alamein,
Colombo è anche un abile motociclista, Angiolina ricorda ancora che quando il suo battaglione era dislocato alla Croce di Casalecchio e Colombo, erano ancora fidanzati, se era in ritardo per la ritirata alla notte era solito saltare in velocità il canale, che è sempre quello attuale facendo il salto con la moto.
Colombo in Corsica, effettua moltissimi servizi come portaordini in moto, da Aiaccio a Bastia e viceversa, sempre di notte ed a fari spenti, ma la sua abilità con la moto riesce sempre a salvargli la vita.
Colombo rimane in Corsica fino all’inizio del 1943, l’armistizio lo trova a Parma con il suo reparto che doveva essere inquadrato nella Brigata Corazzata Ariete ma viene fatto prigioniero dai tedeschi ed inviato in Germania, ma nei pressi di Mantova assieme a due suoi commilitoni riesce a fuggire dal camion su cui è stato caricato e nonostante i vari colpi di arma da fuoco a cui è fatto segno durante le parti iniziali della fuga, si era gettato in un alto campo di mais, dopo un rocambolesco viaggio di ritorno a piedi e con mezzi di fortuna riesce a tornare a casa dove trova rifugio assieme ad altri suoi coetanei nel fienile dei Marchesi, la famiglia dell’Angiolina.
In quel periodo iniziano ad arrivare i tedeschi e Colombo tenta di andare Montefiorino con i partigiani.
Per tutta l’estate del 1944 come molti suoi coetanei non si presenta alle chiamate di leva e rimane nascosto.
Alla fine del ’44 viste le mutate condizioni inizia a lavorare di nuovo nell’officina con il padre Alfredo lavorando anche per i tedeschi sui loro mezzi, ma almeno non viene di nuovo arrestato e deportato.
LA BATTAGLIA DI CA’ CAVALLACCIO A RASIGLIO E L’ECCIDIO DEL CAVALCAVIA DI CASALECCHIO
Primi giorni di ottobre 1944. Angiolina da circa due anni abita nella casa dei Corticelli, Colombo in quei giorni è ancora alla macchia, la mattina del 8 ottobre lungo la strada avanzano rombando dei camion militari con sopra tedeschi e molti repubblichini.
Un passaggio di mezzi così consistente non passa innosservato e dalle imposte socchiuse delle finestre sia Angiolina e molti abitanti di Rivabella osservano nascosti.
Iniziano poi ad arrivare voci di una battaglia nella vallata dell’Olivetta nella zona di Rasiglio con la cattura di molti partigiani.
Infatti, nel tardo pomeriggio lungo Via Gesso provenienti da Calderino sotto la minaccia dei fucili spianati dei fascisti e dei tedeschi passano in fila indiana legati con fili di ferro oltre 10 partigiani alcuni conosciuti e della zona e altri no.
Passano alcuni giorni le voci si rincorrono e sono poche, Angiolina con la bicicletta deve andare a Bologna dalla zia di Colombo che abita in Via Fondazza.
Arrivata sul cavalcavia della Ferrovia a Casalecchio non crede ai suoi occhi, quei ragazzi che aveva visto passare qualche giorno prima sono tutti appesi o legati ai piloni, sono tutti morti, alcuni hanno cartelli con scritte dicendo che erano partigiani.
Riconosce anche un conoscente di Calderino un Dall’Oca lì morto.
Qualche giorno dopo i genitori di Dall’Oca si presentano piangendo alla bottega del falegname di Luigi nella casa dei Corticelli pregandolo di trovare qalche tavola di legno per fare una cassa per seppellire il figlio.
Luigi arrangiandosi trova qualche cosa, prepara una cassa dignitosa, non vuole niente, sono amici, sono brutti tempi per tutti.
L’ECCIDIO DI CASTELDEBOLE
Nell’aia dietro l’abitazione è dislocata una compagnia di paracadutisti tedeschi, i loro comandanti alloggiano nella casa dei Corticelli usando le loro camere.
Una notte Angiolina sente un gran trambusto, era la notte del 29 ottobre del 1944, i tedeschi con i loro comandanti partono in gran fretta.
Al loro ritorno a Rivabella sono euforici e festeggiano e gridano, tanti partigiani kaputt, avevano appena partecipato all’eccidio di Casteldebole dei partigiani della 63° Brigata Garibaldi, tutti amici, coetanei e compagni di scuola di Angiolina.
Per gli Ufficiali che comandavano questa compagnia, un Capitano ed un Tenente la sorte poco più tardi le riserverà una triste fine in quella casa dove erano alloggiati.
IL BOMBARDAMENTO:
I giorni passano veloci e la mattina del 5 dicembre accade l’impensabile.
Due aerei da bombardamento alleati con alcuni caccia di scorta avanzano in cielo provenienti dalle montagne lungo la valle del Lavino, Angiolina non ha mai saputo se volessero bombardare il ponte di Rivabella o se il loro obbiettivo erano le case del paese.
Un grappolo di bombe colpisce la casa e la distrugge completamente.
Nelle cantine si erano nascosti da una parte gli ufficiali della compagnia di paracadutisti lì dislocati e nell’altra gli zii di Colombo, il falegname Luigi e sua moglie Elisa Casalini che avevano bottega sotto lo stesso portico dove Alfredo e Colombo Corticelli svolgevano il loro lavoro di fabbri.
In quei concitati momenti, dopo il bombardamento e la distruzione della casa, i tedeschi però si sbagliano ed iniziano a scavare nella casa distrutta dalla parte opposta dove vi erano i civili e quando si accorgono dell’errore ed iniziano a scavare dall’altro lato, dove in cantina avevano trovato rifugio i tedeschi, è ormai troppo tardi e trovano tutti gli ufficiali morti.
Colombo con altri continua a scavare dall’altro lato e per ironia della sorte gli zii sebbene gravemente feriti si salvano ed hanno continuato a vivere a lungo.
Per almeno due ufficiali invece che avevano partecipato all’eccidio di Casteldebole la sorte invece è certa perirono sotto le macerie della casa dei Corticelli a Rivabella.
Altro aneddoto importante, le salme dei due Ufficiali vengono composte nella stalla poco distante dalla casa distrutta, la stalle era piena di vitelli e mucche requisite dai tedeschi che lì le avevano raccolte e legate.
Le bestie alla notte si liberano ed affamate ed impaurite vagano nella stalla calpestando tutto, anche i due corpi che al mattino erano irriconoscibili maciullati completamente.
Angiolina in quei concitati momenti si era nascosta fuori, era in una di quelle casupole, una volta presenti lungo i crinali, dove gli operai riponevano gli attrezzi alla sera e dove si fermavano per rifocillarsi.
Assieme ad altri era quindi sotto il tavolo in una di queste casette, proprio sopra Rivabella, quando uno dei due caccia di scorta iniziò a mitragliare il luogo.
Aldo Casalini, zio di Colombo, che non si era nascosto sotto il tavolo, ebbe staccata di netto la testa dai colpi, Angiolina si trovò con una ferita alla gamba e con una scheggia conficcata in essa.
Angiolina con la gamba ferita si rifugia presso i contadini lungo l’attuale Via Monte Rocca per poi andare presso la sua famiglia.
Colombo invece cerca fra le macerie della casa distrutta di salvare qualche cosa ma l’esplosione è stata talmente violenta che trovano solo pochissime cose, l’incudine era addirittura stata sbalzata in fondo al fiume Lavino e viene ritrovata ancora integra.
Di tutte le cose che avevano non è rimasto nulla a parte quello che indossano e alcuni indumenti o cose recuperate fra le macerie.
SFOLLATI:
Dopo qualche settimana alla fine dell’anno trovano ospitalità a casa della sorella di Colombo, Norma Corticelli a Calcara, dove la sua famiglia, i Lanzarini, gestiscono un Caseificio.
Angiolina ha ancora la scheggia nella gamba, non ci sono posti dove andarla a togliere se non quelli tedeschi, ha paura di loro ed aspetta, per ora non le fa male.
La scheggia rimane lì nella gamba destra e la terrà tutta la vita, non la toglierà mai, dopo la guerra visto che non le faceva male d’accordo con il Dott. Luigi Baldrati, il medico condotto, decise di aspettare se si muoveva ed è sempre rimasta lì nella gamba, una scheggia da mitragliatrice di aereo.
Rimangono a Calcara alcuni mesi e poi quando il fronte inizia ad avvicinarsi e non è prudente rimanere isolati decidono di andare a Bologna in casa della zia di Colombo in Via Fondazza 36.
Per andare a Bologna usano un carretto, Colombo è nascosto sotto i materassi ed Angiolina spinge il carretto per passare i ponti sul Reno vigilati dai tedeschi.
Nella stessa casa e dirimpettaio alla zia sullo stesso corridoio, in Via Fondazza, abita un pittore allora poco conosciuto con le sorelle, Giorgio Morandi.
Angiolina fa amicizia con una delle sorelle e spesso si trovano nel giardino interno per bere qualche cosa e parlare.
La sorella di Morandi un giorno le dice, Angiolina le posso regalare un quadro di mio fratello, lo metterà nella sua nuova casa che si farà dopo la guerra.
Angiolina ringrazia ma non lo prende, non sa dove metterlo, quel quadro con vasi e bottiglie le piace poco e poi chissà quando potrà di nuovo avere una casa.
Quando si dice, i casi della vita!!!!
LA SCOMPARSA DI GIORGIO:
Ad inizio aprile a Bologna va a trovare Angiolina suo cugino, Giorgio Tabarroni, Giorgio è figlio di Alfredo Tabarroni fratello di sua mamma Mariannna e di Elisa Marchesi sorella di Giulio suo padre, è quindi un cugino “doppio” si può dire;
Giorgio è del ’23, è più giovane dell’Angiolina ma sono molto uniti come cugini, hanno passato insieme l’adolescenza.
Giorgio ha un animo diciamo esuberante come tanti giovani in quei tempi, si arruola prima nella Guardia Nazionale Repubblicana Fascista, poi diserta, viene arrestato e rinchiuso a San Giovanni in Monte, evade e va con i partigiani.
Giorgio trova sua cugina avvilita e preoccupata, non ha più niente ha perso tutto, e le fa una promessa rivelandogli un segreto; alla fine della guerra l’avrebbe aiutata lui a comprarsi qualche cosa perché…. E qui dopo le sue insistenze le confidò che assieme a due suoi compagni avevano trovato delle “cose” che dopo la guerra avrebbero fruttato parecchio denaro rivendendole.
Per chiarire il concetto di quanto sopra dato che è passato tanto tempo e non si fanno nomi in quanto i due citati sono di fantasia spieghiamo meglio il tutto.
Inizio aprile 1945 i tedeschi iniziano ad andarsene da Bologna, in un palazzo del centro è dislocata un’armeria della Wehrmacht,i tedeschi se ne vanno prima che cali la notte e verso le tre Giorgio e i suoi due amici, agendo come partigiani, entrano nel palazzo di nascosto per vedere se è rimasta qualche arma o munizione da utilizzare per l’imminente insurrezione.
Nell’androne del palazzo sotto un sottoscala fra rifiuti e altro vi è una specie di motocarrozzetta, o forse un sidecar reso inutilizzabile con una bomba.
Frugando trovano nascosta nel vano attrezzi una cassetta rettangolare in ferro tipo portamunizioni dove dentro vi è ……..materiale in svariati oggetti del peso di circa 1,5 – 2 Kg. fra monili d’oro e pietre presioze.
Probabilmente cose trafugate da un tedesco in chissà quali o quale occasione poi abbandonate per qualche motivo e non di sua volontà.
Angiolina è preoccupata che non si metta nei guai e sotto la promessa di mantenere il segreto Giorgio le fa i nomi dei suoi due amici e soci, che chiameremo Aldo e Franco due nomi di fantasia, Angiolina uno lo conosce, l’altro solo come sentito dire, Giorgio quindi la lascia e si incammina nella notte.
Arriva la liberazione, passano i giorni, ma di Giorgio nessuna notizia, la zia Elisa inizia a cercarlo ed Angiolina le confida ciò che lui le ha detto.
La zia va da “Aldo” e “Franco” ma questi negano tutto perfino di averlo mai conosciuto.
Di Giorgio non si è saputo mai più niente, il suo corpo non è mai stato ritrovato, risulta disperso.
“Aldo” dopo la guerra verso la fine degli anni 40 compra una casa a Casalecchio per tutta la sua famiglia, “Franco” nello stesso periodo compra il podere dove la sua famiglia era a mezzadria da decenni.
Non si è mai saputo come abbiano fatto ad avere tutto quei soldi!!!!!
MAGGIO 1945:
Colombo riesce a trovare una stanza presso la Villa dei Rabbi, una casa padronale con annessa casa colonica e stalla tenuta a mezzadria dalla famiglia Terzi, lungo Via Gesso, prima delle Scuole e di Via Piave.
Oltre alla casa vi è un magazzino in disuso e Colombo inizia proprio in quel magazzino a lavorare di nuovo sia come fabbro e come meccanico.
Si procura e si costruisce gli attrezzi che le servono, riesce a procurarsi una morsa ed alcuni attrezzi da un camion officina tedesco abbandonato, si costruisce l’impianto per la saldatura ad acetilene, una fucina e quanto le può servire.
Con i primi guadagni inizia a comprare qualche cosa per la casa, un mobile, il letto, qualche utensile.
La gente non ha più niente e Colombo ricostruisce di tutto, dalle biciclette, alle moto, alle attrezzature per l’agricoltura.
Inizia ad acquistare residuati bellici, moto in particolare, le fa diventare motocarrozzette, moto da strada, le rivernicia, le fa il telaio elastico, le ripara, ma la miseria è tanta.
“IL BUCO DEL DIAVOLO”
Quello che successe al Buco del Diavolo, una piccola conca formata da un Rio che si butta nel fiume Lavino lungo Via Gesso all’altezza dell’attuale Metalmobile è uno dei periodi più cupi della storia di Zola.
Per capire meglio cosa successe occorre andare indietro di tanti anni fino al 1° maggio 1922 e sia le famiglie Corticelli e Marchesi ne sono state inconsapevoli testimoni.
Il 1° maggio 1922 alcuni Zolesi con i fratelli Vignoli, che abitavano alla Paradura, il mulino sul fiume a 500 metri dalla casa dei Marchesi vanno a festeggiare il 1° maggio, allora non benvisto dalle neonate brigate fasciste, all’Osteria di Rivabella.
Arrivano i fascisti, succede la rissa e l’uccisione dei due fratelli Vignoli.
Davanti all’Osteria vi è l’Officina da fabbro dei Corticelli, uno dei due fratelli riesce ad arrivare sulle scale dell’abitazione e la prima persona che lo soccorre è Casalini Clementina, mamma di Colombo Corticelli futuro marito dell’Angiolina.
A quell’eccidio assiste anche un ragazzo di 8 anni, Mario Vignoli, quelli uccisi sono i suoi zii.
Mario abita alla Paradura è coetaneo di Amedeo Marchesi, sono inseparabili, giocano sempre insieme, sono come due fratelli.
Amedeo vede crescere nel suo amico tutto l’odio e l’astio che porterà dentro di sé per oltre venti anni per quello che era successo ed aveva visto.
Maggio 1945 nel caos generale Mario Vignoli, adesso partigiano, non ha dimenticato, cerca quelli che nel 1922 hanno ucciso i suoi zii, non li trova tutti, molti sono scappati, ma quelli che ha trovato assieme ad altri catturati per altri motivi li porta assieme ad altri Partigiani al Buco del Diavolo dove saranno uccisi.
Quando portarono le persone al Buco del Diavolo passarono tutti lungo il sentiero sul Lavino davanti alla casa dei Marchesi e le urla si sentivano fino alla Villa dei Rabbi vicino a Via Piave dove erano sfollati Angiolina e Colombo.
Nella villa dei Rabbi dove hanno trovato casa Angiolina e Colombo vi è sola la signora Maria Bonazzi vedova Rabbi, la padrona di tutto, persona buona mite e gentile.
I suoi figli non ci sono, sono scappati per paura delle ritorsioni, sono ex funzionari pubblici e quindi anche fascisti molto influenti, ma chi non lo era allora.
Sono brave persone non hanno fatto nulla di male ma avendo ricoperto cariche pubbliche a Zola ed A Bologna hanno paura sono brutti momenti per tutti.
La signora Maria sente quello che è successo al Buco del Diavolo, ha paura per i suoi due figli, non sa dove sono, va dall’Angiolina tutta tremante e le chiede di andare a vedere chi hanno ucciso, se ci sono anche i suoi figli.
Trema tutta, Angiolina ha paura che si senta male, corre subito a vedere e ad informarsi e poi va subito ad avvisarla, non si preoccupi i suoi figli non ci sono.
BINI IL GARZONE DEI TERZI:
Bini era un ragazzo neanche ventenne, era garzone, come usava una volta presso i mezzadri Terzi, i contadini che lavoravano il podere dove Angiolina aveva trovato casa nella villa padronale.
Bini era garzone anche prima della guerra e verso la fine del ‘44 compiuti 18 anni si arruola nella Guardia Nazionale Repubblicana Fascista, non per convinzione politica ma per errata interpretazione degli eventi.
Torna al lavoro nel maggio del ’45, non fa segreto di quello che ha fatto, ma come lui dice in quei pochi mesi in cui è stato con i Repubblichini non ha fatto niente di male.
Erano in tre, arrivarono attraverso i campi verso l’imbrunire, era maggio inoltrato, il grano era già alto.
Dissero a Bini di seguirli a Zola all’ex Casa del fascio che lo dovevano interrogare, lui si lavò, era appena arrivato dai campi, indossò una maglietta bianca pulita che le prestò la Dina dei Terzi.
Si incamminarono verso Zola attraverso i campi, passarono davanti alla casa dei Marchesi e presero il sentiero lungo il fiume.
Bini non fece più ritorno, il suo corpo non fu mai trovato, quando sua madre e sua sorella vennero a cercarlo le dissero che lo avevano preso una sera per portarlo a Zola alcuni partigiani, ma nessuno fece il nome dei tre, anche se tutti sapevano chi erano ed i loro nomi.
Qualcuno disse di averlo poi visto quella notte assieme a quei tre che lo avevano prelevato andare a piedi lungo quella che adesso è l’attuale Via Don Minzoni, laterale di Via Gesso dove fu sicuramente ucciso e sepolto, ma il ricordo di ciò che era successo al Buco del Diavolo poco tempo prima era ancora vivo nella mente di tutti e nessuno parlava.
IL DOPOGUERRA
Gli anni del dopoguerra furono duri, Colombo lavorava in Officina ma la gente non aveva soldi, a volte pagava con frutta, pollame, conigli.
La casa dove vivevano era spartana, una stufa a legna per riscaldare e cuocere gli alimenti, la luce elettrica consisteva in una lampadina al massimo ma in fondo Angiolina ricorda con piacere quel periodo.
Nessuno aveva niente ma tutti si aiutavano uno con l’altro e vi era umanità ed amicizia.
Potevano avere il pollaio con qualche gallina, il porcile per il maiale, qualche coniglio, l’orto, un po’ di frutta, a volte non si sapeva cosa mangiare il giorno dopo ma fu finalmente dopo il periodo della guerra un tempo abbastanza felice.
Colombo lavora principalmente sulle moto residuati bellici, ne tiene una per sè vanno in giro, praticamente un po’ di felicità.
Nel 1946 nasce la prima figlia Paola e poi nel 1955 l’altro figlio Andrea.
È in quel periodo che Angiolina supportata dalla Massaia dei Terzi, la cara Sig.ra Dina o la Nonna Dina come la chiamavamo da bambini inizia ad imparare tutti segreti della vera cucina Bolognese.
Non è che non sapesse cucinare, viene da una famiglia contadina, ma la Dina è una maestra eccezionale ha imparato da giovane tanti segreti che fanno si che un piatto anche semplice con alcuni accorgimenti diventi eccezionale ed impareggiabile.
Memorabili sono quindi le cene alla sera sull’aia con i calciatori del Bologna Calcio, i giornalisti del Carlino, amici di Zola o di Monte San Pietro.
All’inizio degli anni 60 inizia quindi a lavorare alla trattoria di Gesso ed all’inizio degli anni 70 apre un locale con Colombo ed i figli per lasciarlo a metà anni 80 quando Colombo muore in un incidente stradale in Scozia.
Angiolina ci lascia alla fine agosto 2014, ha quasi 93 anni e questi brevi aneddoti della sua vita vogliono ricordarla per quella grande persona che è stata.